DIVORZIO, ABORTO, CONVIVENZA
Se pensiamo che sia stato il riconoscimento dei diritti civili alle coppie omosessuali la causa dello scardinamento della famiglia naturale ci sbagliamo di grosso. Quello è stato l’ennesimo di una serie di affronti e di attacchi che vengono perpetrati già da molti anni.
Nel 1970 venne emanata in Italia una legge che consentiva al giudice, in determinate condizioni, di sciogliere il vincolo matrimoniale tra i coniugi che ne facevano richiesta dopo cinque anni di separazione. Nonostante fosse stato indetto un referendum abrogativo su proposta delle forze della destra conservatrice, e anche dei democristiani, la legge rimase in vigore perché gli italiani consideravano questo un diritto fondamentale di cui non potevano privarsi.
Otto anni dopo, la stessa questione del diritto fondamentale si spostò su un altro fronte: la gravidanza indesiderata. Per bloccare l’apparente dilagare degli aborti clandestini nel nostro Paese, alcuni dei quali fieramente compiuti dalla radicale Emma Bonino, non restava che permettere alle donne di svolgere questa procedura all’interno di una sala operatoria assistite da ginecologi e ostetriche.
Compiendo un lungo salto nel tempo, più precisamente al 2016, su proposta della ex senatrice Cirinnà venne inserita nell’ordinamento la figura della “convivenza di fatto”, per garantire alle coppie di conviventi diritti simili a quelli delle coppie sposate, prevalentemente in materia successoria. Abbiamo perso la voce gridando che non si potevano comparare le unioni omosessuali a quelle eterossessuali, ma non si sono sentiti tanti disturbatori quando al matrimonio veniva paragonata la convivenza.
L’INIZIO DEL LAVORO: IL DIVORZIO
Come è stato possibile che questi tre semplici atti legislativi abbiano rivoluzionato così drasticamente il ruolo e l’immagine della famiglia in Italia?
Andiamo con ordine e partiamo dal divorzio: il concetto stesso di matrimonio implica un’unione indissolubile tra due coniugi che hanno prestato il loro consenso. Che il vincolo sia indissolubile non significa che si è costretti a sopportare qualsiasi violenza fisica o morale senza potersi allontanare dal proprio carnefice, ma che non basta arrivare a un particolare momento in cui si decide che “non ci amiamo più come prima” per scioglierlo.
Con la scusa di voler proteggere le donne che subivano maltrattamenti dal proprio coniuge, si è permesso di ricorrere al divorzio per i motivi più insensati, lo stesso testo di legge parla di “incompatibilità”.
Nel 2015 il divorzio diventa breve: non occorrono più tre anni di separazione per ottenerlo, come già modificato dalla riforma del 1987, ma bastano sei mesi in caso di separazione consensuale e dodici se giudiziale, in certi casi non è neanche necessaria la presenza dei coniugi e diventa un banale accordo tra avvocati.
È necessario precisare che, quando sono coinvolti dei bambini, la situazione diventa drammatica: sicuramente esistono coppie che cercano di gestire la situazione nel modo più responsabile e adeguato possibile, ma ce ne sono tante altre che se li litigano come pezzi all’asta concessi al miglior offerente o, peggio, in cui un genitore potrebbe insistere per ottenere la custodia dei figli e impedire all’altro di vederli per vendetta personale.
Il problema però, va molto più a fondo: i pedagoghi riscontrano nei figli di divorziati atteggiamenti comuni, che possono variare in alcuni elementi a seconda della fascia d’età a cui appartengono, molto rilevanti. Oltre all’aumento dei casi di ansia e di depressione, questi bambini e ragazzi si ritrovano spesso a sperimentare un senso di abbandono e di angoscia che li accompagnerà anche nella vita adulta. Uno studio portato avanti dalla Baylor University pubblicato su Scienze Daily (qui il link: https://www.sciencedaily.com/releases/2020/09/200909100230.htm) ha dimostrato che i livelli di ossitocina, anche conosciuto come “ormone dell’amore”, sono molto più bassi negli adulti che hanno vissuto la separazione dei loro genitori quando ancora erano bambini. Questo ormone, oltre a essere fondamentale durante il parto, ha un forte impatto sulla nostra vita relazionale: regola i comportamenti sociali, materni e sessuali; di conseguenza le persone che ne producono in basse quantità, riescono più difficilmente a costruire delle relazioni solide e ad avvicinarsi emozionalmente a un’altra persona. Dunque il divorzio dei genitori può avere effetti nel lungo termine sulla vita dei figli, anche se pochi ne parlano.
Siccome si è stabilito che il matrimonio si può sciogliere alla minima inconvenienza, le persone si sono convinte che forse non è poi un passo così importante, e sapete com’è stato possibile renderlo un vincolo che si può sciogliere? Rendendolo civile.
Prima il matrimonio era un sacramento, un atto di volontà degli sposi di farsi una promessa davanti a Dio, ma ora è diventato un semplice contratto da cui si può recedere, e che ha perso tutto il suo significato. Per questa ragione capisco le innumerevoli coppie che ad oggi decidono di non sposarsi: nemmeno io mi sposerei in comune, per firmare un foglio in cui dichiaro che qualsiasi cosa succeda il mio eventuale marito riceverebbe la mia pensione di reversibilità. Che matrimonio è questo?
Anche per il diritto canonico è un contratto, ma con degli elementi di sacralità: sposarsi in chiesa implica, o dovrebbe implicare, un percorso di fede e di amore degli sposi, i quali decidono quindi di coronarli con una promessa sancita davanti a Dio, giurandosi amore e devozione eterna e accettando le condizioni poste per loro in questo passaggio nella loro vita di fedeli. Un po' diverso dalla storia della pensione di reversibilità!
Quando il matrimonio è questo, per scioglierlo non basta qualche litigata o una riduzione del sentimento, inevitabili dopo una lunga convivenza, anzi sono proprio queste situazioni che lo fortificano, perché i coniugi sentono il dovere di impegnarsi affinché le cose possano ancora funzionare al meglio: lo fanno in nome della promessa che si sono scambiati, del voto fatto a Dio e dell’amore per i loro figli se ne hanno. Il divorzio non annulla automaticamente il matrimonio celebrato secondo il rito canonico, per fare questo occorre l’intervento della Sacra Rota che lo annulla solo a determinate e rilevantissime condizioni tassativamente stabilite dal diritto canonico, com’è giusto che sia.
ABORTO E LIBERTÀ: QUANDO IL SESSO SUPERA IL VALORE DELLA VITA
Passando al secondo punto, l’aborto ha avuto, credo, un’influenza enorme nella distruzione della famiglia: questa può essere composta anche dai figli, accolti dai coniugi come un dono; viceversa attraverso lo sdoganamento dell’aborto il figlio diventa un peso di cui liberarsi, un impedimento alla libertà della donna, più precisamente alla libertà sessuale.
Quando si indirizzavano i giovani a un percorso di castità fino al giorno del matrimonio non lo si faceva per bigottismo o moralismo, ma per protezione. Per quanto ciò possa non piacere alla società odierna, le donne sono una parte vulnerabile nel rapporto, poiché corrono il rischio di rimanere incinte. Sappiamo tutti che per crescere un bambino l’amore, sebbene ce ne voglia tanto, non basta, e che oggi tante ragazze scelgono di seguire un percorso di studi o di carriera che può tenerle impegnate per diversi anni prima di essere abbastanza stabili da mettere su famiglia: per questa ragione evitare di esporsi al rischio di rimanere incinta potrebbe non essere una così cattiva idea. Ovviamente nessuno impedisce alle persone di avere rapporti, ma bisogna tener conto della responsabilità che comportano certe scelte. Non possiamo pretendere che, siccome noi vogliamo essere liberi di fare quello che ci pare, debba essere un bambino innocente a pagarne le conseguenze: l’aborto non è una soluzione, l’educazione è una soluzione.
Insegnare ai ragazzi che l’attesa aumenta paradossalmente l’intimità nella coppia, che le permette di raggiungere con una maggiore consapevolezza e un legame più saldo la decisione di sposarsi, che renderà il matrimonio ancora più sacro e speciale, uno spazio sicuro in cui l’amore potrà manifestarsi libero, perché tutti i bambini che arriveranno saranno benvenuti, permetterà ai ragazzi stessi di riconoscere l’importanza del matrimonio. Al contrario, insegnare che la promiscuità è un sano stile di vita, che qualunque cosa accada non siamo noi a dovercene preoccupare perché ci pensa il consultorio, crea un enorme disagio in intere generazioni di vittime che si sono ritrovate confuse e isolate con una gravidanza inaspettata, o depresse e sofferenti al termine di un aborto, o vuote e sconfitte al termine dell’ennesimo rapporto occasionale.
Ci sono sempre più sessuologi inoltre, che affermano che una vita promiscua prima del matrimonio non porti alcun beneficio, anzi, spesso è l’opposto. Uno studio della Brigham Young University ha dimostrato che nelle coppie che si sono astenute fino al matrimonio si riscontra, in modo significativo, maggiore stabilità, vicinanza emotiva e soddisfazione sessuale e relazionale (qui il link: https://wheatley.byu.edu/00000187-7c64-d575-ad9f-7c77a1a40001/the-myth-of-sexual-experience-press-release-pdf).
PROVE GENERALI
Veniamo ora all’ultimo punto: la convivenza. Le statistiche confermano che gli italiani non si sposano più, e abbiamo già potuto analizzare alcuni motivi sul perché di questa scelta. Questo non significa che alcune persone non decidano di impegnarsi in una relazione seria. Queste stesse persone, poco tentate dalla prospettiva di un impegnativo matrimonio in chiesa o dalla firma di un pezzo di carta davanti al sindaco, decidono quindi di comprare casa e andare a convivere.
La convivenza è stata riconosciuta dall’ordinamento italiano come “convivenza di fatto” nel 2016: se due persone hanno convissuto per un certo periodo senza che intercorresse tra di loro alcun rapporto di parentela, possono beneficiare di alcuni dei diritti previsti per i coniugi sposati. In Italia non sono tanti coloro che decidono di iscriversi nei registri comunali come conviventi di fatto, alcuni perché progettano il matrimonio altri perché non interessati.
Partiamo da questi ultimi ad analizzare la questione: perché due persone che si amano al punto da vivere insieme per anni non vogliono sposarsi? La frase che capita più spesso di sentire quando si pone questa domanda è “Noi non abbiamo bisogno di sposarci perché ci scegliamo ogni giorno”.
Eppure, rinunciare al matrimonio significa rinunciare alla bellezza di non doversi scegliere ogni giorno ma di esserci già scelti per la vita intera, con la promessa di amarsi e onorarsi anche nei periodi difficili e complicati che inevitabilmente si attraversano.
La convivenza però, ormai è diventata una prassi, e anche un passaggio quasi obbligato per chi ha intenzione di sposarsi: “non acquisto una macchina se prima non l’ho provata.” È evidente però, che noi non siamo macchine, siamo persone: se si ama una persona al punto di sposarla, avendo preso questa decisione con giudizio e a fronte di un percorso di relazione affrontato insieme, non saranno certo le sue abitudini di pulizie o l’orario in cui va a dormire a fare la differenza.
Inoltre, sempre più psicologi ci insegnano che la convivenza non agevola la vita matrimoniale, anzi non è raro che la renda più difficile: quando due persone convivono per anni, si convincono che il matrimonio sia la stessa cosa, semplicemente con un album di foto in più nell’armadio; ma dopo essersi sposate arriva la sorpresa: non ti scegli più ogni giorno, non hai più entrate e uscite di denaro separate, non puoi più, dopo una feroce litigata, fare la valigia e andartene o minacciare l’altra persona di buttarla fuori casa. In un matrimonio c’è una sola possibilità quando si è in difficoltà: impegnarsi per risolverla insieme. Se durante la convivenza non si è mai incappati in grossi problemi e questi arrivano durante la vita matrimoniale, la coppia, poco abituata a non avere scappatoie, faticherà ad affrontarli unita, poiché fino ad allora non lo è mai stata completamente. E per questo interviene il divorzio.
Alcune di queste considerazioni, e anche altre molto interessanti, le spiega lo psicologo e saggista Jordan B. Peterson (qui il link al video: https://www.youtube.com/watch?v=J4_d7nENMFM&t=29s), che conclude il discorso facendo riferimento alla fede, intesa come completa fiducia, nell’altra persona quando si prende la decisione di sposarsi: la convivenza permette di lasciare aperta una scappatoia che con il matrimonio viene definitivamente chiusa, senza alcuna certezza su quello che succederà, ma con il desiderio di affrontare questo futuro sconosciuto con la persona che abbiamo scelto, per davvero, al nostro fianco.
ESISTE UN PERCORSO GIUSTO?
Se non ci fossero stati questi tre presupposti, probabilmente ad oggi non si parlerebbe di unioni civili tra coppie dello stesso sesso, non ci sarebbe un calo così drastico e drammatico delle coppie sposate e un numero così elevato di aborti.
Hanno distrutto la famiglia dalle fondamenta, minandone l’unità, il valore dei figli e l’importanza del matrimonio, così facendo hanno creato una società basata sull’insicurezza, la promiscuità senza limiti e le relazioni senza impegno, rendendo, soprattutto i giovani, vittime di questa menzogna colossale che chiamano libertà.
Una menzogna che non ci permette di vedere che la vera libertà sta nell’amore incondizionato che viene dall’Alto, che non per nulla ha istituito il sacramento del matrimonio tra persone caste e con l’intenzione di avere dei bambini, che, alla fine dei conti, è l’unica prospettiva che ci permette di essere davvero felici; ma forse è proprio per questo che viene attaccato così violentemente dalle politiche occidentali odierne: non dobbiamo essere felici. E purtroppo, possiamo dirlo, per ora ci stanno riuscendo.
13 giugno 2023
Alessia Battini
Alessia Battini, 21 anni, di origine piacentina, attualmente studia Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
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