JAVIER MILEI, L’ESTREMA DESTRA E IL LIBERTARISMO: ORIENTARSI.
Il Post ha dedicato vari articoli a Javier Milei. E ha fatto un discreto casino con le definizioni di estrema destra, liberismo e libertarismo.
Il che mi viene utile per affrontare una questione che è comune a molti dei nostri media. E su cui la lotta alla disinformazione, con tutti i suoi fact checkers, le sue organizzazioni, i suoi alfieri e tutte le sue regolamentazioni e i suoi commissari – ciao Thierry Breton – è “stranamente” assente.
Dunque, per dare una mano a salvare la democrazia e combattere le fake news, solo per oggi, eccomi passare da super scettico a neoconvertito della lotta alla disinformazione, per cercare di dare il mio piccolo contributo: una mappa concettuale per orientarsi tra categorie e concetti politici con cui evidentemente non si ha familiarità, come “estrema destra”, “libertarismo”, “liberismo”, “democrazia”, “totalitarismo” e “anarchia”.
Sui media regna una gran confusione
Ecco un esempio di cosa ha scritto il Post, in un articolo intitolato “È difficile capire Javier Milei”:
Javier Milei, un politico ultraliberista e di estrema destra, ha vintoil secondo turno delle elezioni presidenziali argentine di domenica, e a meno di sorprese governerà il paese per i prossimi quattro anni.
[…]
Le sue idee possono essere definite come libertarie e di estrema destra, e se sono state ascoltate e accolte dalla maggioranza degli argentini dipende soprattutto dalla situazione economica disastrosa in cui si trova il paese.
[…]
“Più in generale, Milei ha spesso espresso posizioni estremiste e assolutiste che lo collocano come un libertario estremista, secondo cui lo stato non deve intervenire in nessun modo sulla libertà personale delle persone e lasciare piuttosto fare al mercato. Tra le altre cose, una delle sue proposte più celebri prevedeva la possibilità di autorizzare la compravendita di organi umani, per incentivare le persone alla donazione (la proposta è poi stata ritirata).
Queste posizioni estremamente libertarie si interrompono però davanti alle libertà delle donne e delle altre minoranze. Milei è favorevole alla completa autonomia delle persone, ma non all’aborto, che in Argentina è stato legalizzato nel 2020, e ha espresso posizioni scettiche anche sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.”
In un altro articolo intitolato “Milei ha vinto dappertutto, anche in Antartide”:
Il candidato di estrema destra e ultraliberista Javier Milei ha vinto le elezioni presidenziali argentine con un ampio margine, staccando di 11 punti Sergio Massa, candidato della coalizione di centrosinistra Unione per la Patria.
In un terzo articolo intitolato “Milei sarà il nuovo presidente dell’Argentina”:
L’ascesa politica in Argentina di Milei è stata molto rapida e per certi versi “traumatica”. Oltre che sulle tematiche classiche dell’estrema destra, Milei aveva impostato la campagna elettorale prima del primo turno in modo fortemente anticonvenzionale, con una grande componente di teatralità: messaggi semplici e estremi, accompagnati da gesti, retorica e atteggiamenti fortemente populisti.
In un quarto articolo intitolato “Oggi l’Argentina sceglie il suo nuovo presidente”:
Al ballottaggio ci sono Sergio Massa, di centrosinistra, e Javier Milei, di estrema destra: non potrebbero essere più diversi
Oggi in Argentina si vota per il ballottaggio delle elezioni presidenziali. I candidati sono Sergio Massa, il leader della coalizione di centrosinistra e attuale ministro dell’Economia, e Javier Milei, economista di estrema destra che ha recentemente ottenuto l’appoggio della coalizione di centrodestra.
[…]
La Libertad Avanza, la coalizione di destra ed estrema destra di Milei, era considerata favorita da alcuni sondaggi ma si era fermata poco sotto al 30 per cento dei voti.
Non mi interessa dare un giudizio su Milei o su quanto sia libertario e men che meno affrontare i temi dell’aborto e del matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Mi interessa invece riflettere sulle definizioni sovrapposte alla rinfusa dal Post, così come da tanti altri (es. Fanpage, Rainews, Corriere, Dubbio e se ne potrebbero citare tantissimi altri).
Non voglio spaccare il capello in quattro e discutere di ogni sfumatura di queste idee, o addentrarmi nelle varie controversie o spaccature interne, ma aiutare a chiarire quale sia in linea di massima il loro significato.
Che cos’è l’estrema destra?
Storicamente la definizione “estrema destra” indica fondamentalmente le esperienze del fascismo e del nazionalsocialismo. Questi sono i due esempi di estrema destra più significativi. Questi sono la prima cosa a cui ciascuno pensa quando sente parlare di estrema destra.
Nazismo e fascismo erano dei regimi sostanzialmente totalitari. Erano per un controllo politico ideologico totale, di ogni ambito della società. Erano per una sottomissione totale della società e dell’individuo alle loro rispettive ideologie e ai loro rispettivi piani.
Scrive la Treccani a proposito del totalitarismo:
Sul terreno politico, come su quello scientifico, il concetto di totalitarismo viene elaborato dopo la prima guerra mondiale. Già in precedenza i termini ‛totalitario' e ‛totale' erano stati occasionalmente usati per indicare, rispettivamente, il rafforzarsi del dominio politico e l'estendersi di un conflitto armato; oggi si parla di totalitarismo soprattutto in riferimento ai tre sistemi dittatoriali di dominio del periodo fra le due guerre mondiali: il fascismo in Italia, il nazionalsocialismo in Germania, lo stalinismo in Russia. Le pur grandi differenze esistenti in particolare fra i sistemi autoritario-nazionalistici e il comunismo vengono così sussunte sotto un concetto generale che vuol caratterizzare la forma moderna estrema della dittatura: in ciò appunto è da ravvisare il tratto essenziale, e la problematica, del totalitarismo sia come concetto che come realtà.
E un po’ più avanti, approfondendo i disaccordi sulla definizione e l’uso del termine totalitarismo, che pure esistono:
Ora, la maggior parte delle definizioni del totalitarismo si fonda sul fatto che le dittature contemporanee sono orientate verso il modello d'una completa centralizzazione e di un'uniforme regolamentazione di tutti i settori della vita politica, sociale e intellettuale. Questa tendenza oltrepassa di gran lunga le forme precedenti di dominio assolutistico o autocratico e le loro possibilità in materia di controllo politico, sociale e tecnologico dei sudditi.
Non si può parlare di estrema destra senza pensare al nazismo e al fascismo e non si può pensare al nazismo e al fascismo senza pensare al totalitarismo. Nazismo e fascismo sono letteralmente la massima espressione della “estrema destra” e letteralmente due esempi da manuale di totalitarismo.
Ed ecco alcuni aspetti chiave del totalitarismo che erano comuni ad entrambi i regimi:
Controllo Politico: cercavano di controllare il governo in modo assoluto, spesso attraverso un unico partito dominante. Il Partito Nazista in Germania e il Partito Fascista in Italia erano le forze dominanti nei rispettivi regimi e non ammettevano concorrenza.
Controllo Economico: prevedevano un forte intervento dello Stato nell'economia. Entrambi i regimi adottavano politiche economiche stataliste e corporativiste, in cui le imprese private erano sottoposte a un controllo significativo da parte del governo.
Controllo Sociale: le politiche sociali erano orientate al controllo della società per promuovere un’omogeneità sul piano dell’ideologia e dei comportamenti. Ciò includeva la promozione di ideologie razziali (soprattutto nel caso del nazismo) e la repressione di gruppi considerati avversi al regime.
Controllo Culturale: adottavano una stretta regolamentazione e controllo della cultura e delle arti. Il regime influenzava fortemente l'educazione, la letteratura, l'arte e l'intrattenimento per promuovere la propria ideologia.
Censura e Propaganda: utilizzavano la censura per controllare l'informazione e la propaganda per plasmare l'opinione pubblica a loro favore.
Pianificazione Centrale: avevano una forte tendenza alla pianificazione centralizzata dell'economia e della società, spesso attraverso piani quinquennali o programmi simili.
Ma cosa distingueva i totalitarismi di destra da quelli di sinistra? Posto che per certi versi non erano così distinti, ecco alcune delle risposte classiche a questa domanda:
Militarismo:
erano caratterizzati da un forte militarismo. Avevano l'obiettivo di costruire forze armate potenti e utilizzarle per perseguire ambizioni territoriali e di dominio.
Nazionalismo Estremo:
promuovevano un nazionalismo estremo e aggressivo. Questo nazionalismo spesso si traduceva in pretese di superiorità razziale e in atteggiamenti aggressivi nei confronti di altre nazioni.
Razzismo Scientifico:
Il nazismo, in particolare, era basato su un razzismo scientifico che sosteneva la superiorità della "razza ariana" e la necessità di eliminare gruppi ritenuti inferiori, come gli ebrei. Il razzismo era una caratteristica centrale del nazismo che andava oltre il semplice nazionalismo.
Genocidio e Olocausto:
Il nazismo è noto per l'Olocausto, il genocidio sistematico e la persecuzione di milioni di persone, principalmente ebrei, ma anche rom, disabili e altri considerati "indesiderati". Questo aspetto distintivo non ha un parallelo diretto in altri regimi totalitari.
Leaderismo Carismatico:
Entrambi i movimenti, in particolare il nazismo, erano caratterizzati da leader carismatici, come Adolf Hitler e Benito Mussolini, che esercitavano un'enorme influenza sulla politica e la società.
Espansionismo Territoriale:
Entrambi i regimi cercavano di estendere il proprio dominio attraverso l'espansione territoriale. Il nazismo, ad esempio, aveva l'obiettivo di creare uno spazio vitale (Lebensraum) per la "razza ariana". Il fascismo aveva mire espansioniste e colonialiste, sotto il regime di Mussolini nel 1934 Cirenaica e Tripolitania furono unite nella Libia italiana e nel 1935-36 fu conquistata l'Etiopia, che unita ad Eritrea e Somalia, rappresentava l'Africa Orientale Italiana.
E ancora, ecco cosa scrivevano Benito Mussolini e Giovanni Gentile ne “La dottrina del fascismo” (se qualcuno mai volesse imparare qualcosa sul fascismo da Mussolini e Gentile anziché dai libri di Michela Murgia):
6. Il fascismo è una concezione storica, nella quale l'uomo non è quello che è se non in funzione del processo spirituale a cui concorre, nel gruppo familiare e sociale, nella nazione e nella storia, a cui tutte le nazioni collaborano. Donde il gran valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale. Fuori della storia l'uomo è nulla. Perciò il fascismo è contro tutte le astrazioni individualistiche, a base materialistica, tipo sec. XVIII; ed è contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine. Esso non crede possibile la «felicità» sulla terra come fu nel desiderio della letteratura economicistica del '700, e quindi respinge tutte le concezioni teleologiche per cui a un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione definitiva del genere umano. Questo significa mettersi fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire. Il fascismo politicamente vuol essere una dottrina realistica; praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé e che da sé trovano o suggeriscono la propria soluzione. Per agire tra gli uomini, come nella natura, bisogna entrare nel processo della realtà e impadronirsi delle forze in atto.
7. Antiindividualistica, la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l'individuo in quanto esso coincide con lo Stato, coscienza e volontà universale dell'uomo nella sua esistenza storica. È contro il liberalismo classico, che sorse dal bisogno di reagire all'assolutismo e ha esaurito la sua funzione storica da quando lo Stato si è trasformato nella stessa coscienza e volontà popolare. Il liberalismo negava lo Stato nell'interesse dell'individuo particolare; il fascismo riafferma lo Stato come la realtà vera dell'individuo. E se la libertà dev'essere l'attributo dell'uomo reale, e non di quell'astratto fantoccio a cui pensava il liberalismo individualistico, il fascismo è per la libertà. È per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello Stato e dell'individuo nello Stato. Giacché, per il fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato. In tal senso il fascismo è totalitario, e lo Stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, interpreta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo.
Quanto a Hitler: la più lunga, documentata e aggiornata ricerca che ricostruisce il pensiero di Hitler, è quella presentata da Rainer Zitelmann in Hitler's National Socialism (un tomo di oltre ‘800 pagine, in inglese, che ho fatto la fatica di leggere quasi tutto) ed è inequivocabile.
Zitelmann non si affida a congetture o deduzioni, ma lascia che l'evidenza emerga da una meticolosa ricerca e ricostruzione storica: Hitler era assolutamente un anti capitalista, non un reazionario ma un rivoluzionario, e in senso fondamentalmente socialista. Che poi il suo socialismo sia stato sotto certi aspetti molto diverso e opposto ad altri rami del socialismo, può essere vero, ma nulla toglie al punto.
Questa è l’estrema destra. Non esiste estrema destra senza totalitarismo, senza forme estreme di collettivismo e statalismo. Una destra che si collochi dentro l’alveo della liberal democrazia e rispetti le garanzie che questa prevede già non è più “estrema destra”. Una destra che ammetta che lo Stato e la politica devono generalmente rispettare i diritti individuali e la proprietà privata già non è più estrema destra.
Che cos’è il liberismo?
Il liberismo è generalmente accostato al liberalismo classico, anche se i due termini non sono coincidenti, e secondo me il liberismo è solo una parte del liberalismo classico.
Ad ogni modo, il liberismo sostiene l’idea di un’economia di libero mercato, fondata sui diritti individuali di proprietà privata e il libero scambio, è individualista e assegna allo Stato un ruolo minimo, generalmente quello di fare il “guardiano notturno” occupandosi di sicurezza, difesa e giustizia, o al massimo di mantenere un welfare minimo e di intervenire in occasione di particolari emergenze.
Il liberismo è contro la pianificazione economica, il dirigismo, il corporativismo, il protezionismo, la crescita del welfare state, le tasse, la regolamentazione, la burocrazia, etc..
Un liberista sosterrà che le tasse devono essere molto basse, la spesa e il debito pubblico estremamente limitati, lo Stato debba avere pochi poteri in pochi ambiti, debbano esserci pochi dipendenti pubblici, poca burocrazia e poca regolamentazione.
Tuttavia un liberista non pensa che si possa fare a meno dello Stato, che possa esistere un mercato senza Stato capace di sostituirlo in tutte le sue funzioni e che lo Stato sia intrinsecamente immorale e detestabile. Insomma il liberista non è anarchico e non è in particolare un anarcocapitalista.
Inoltre il termine liberismo non si riferisce a una difesa della libertà individuale a 360° o a un più generale liberalismo, ma in particolare alle cosiddette libertà economiche – la libertà d’impresa, l’abbassamento delle tasse, la deregolamentazione, il libero commercio e simili.
L’enciclopedia Treccani definisce il liberismo in questo modo:
In senso ampio, sistema imperniato sulla libertà del mercato, in cui lo Stato si limita a garantire con norme giuridiche la libertà economica e a provvedere soltanto ai bisogni della collettività che non possono essere soddisfatti per iniziativa dei singoli (in tal senso è detto anche liberalismo o individualismo economico); in senso specifico, libertà del commercio internazionale o libero scambio, contrapposto a protezionismo.
In questo senso sebbene in genere si presenti come sostenitore della libertà individuale, spesso propone anche importanti limiti ad essa, o comunque non ne affronta tutti gli aspetti. È vero che chi è liberista è facilmente anche liberale, e che ci sono diverse somiglianze e assonanze anche tra liberismo e gli anarchici individualisti a favore del libero mercato, e quindi spesso chi è liberista ama la libertà individuale in un senso più esteso e completo, ma non è scontato.
Ad ogni modo il più classico dei liberisti è anche senza dubbio il più classico dei liberali classici: Ludwig Von Mises. Ma spaziando un po’, ecco alcuni altri esempi importanti, ben diversi fra loro, ma tutti ascrivibili in qualche modo alla famiglia dei liberisti:
Friedrich Von Hayek, Milton Friedman, Robert Nozick, Ayn Rand, James Buchanan, Rose Wilder Lane, Bruno Leoni.
Che cos’è il libertarismo?
Il libertarismo si distingue dal liberismo, perché è una filosofia politica completa, che enfatizza la massima libertà individuale e la minima interferenza governativa in ogni ambito. Detto questo, è certamente liberista in economia.
Riassumendo per punti il libertarismo sostiene:
Libertà Individuale: la massima libertà individuale possibile, gli individui dovrebbero essere liberi di prendere decisioni riguardo alle proprie vite, proprietà e relazioni personali senza interferenze da parte dello Stato.
Minimo Intervento Governativo: riduzione delle funzioni governative al minimo indispensabile. Questo può includere la difesa, la giustizia e la protezione dei diritti individuali, ma esclude molte delle attività e delle regolamentazioni oggi in vigore. Nel caso dei libertari anarchici, gli anarcocapitalisti, poi questo minimo corrisponde a nessuna funzione in assoluto.
Libero Mercato: libero mercato, competizione e libero scambio tra individui e imprese portano a migliori risultati economici e sociali rispetto all'intervento statale.
Proprietà Privata: la proprietà privata e i diritti di proprietà sono fondamentali, sono la vera essenza della libertà individuale e sono la base del libero mercato e del benessere.
Non-Aggressione: il principio di non-aggressione (NAP) è centrale nel libertarismo. Secondo questo principio l'inizio dell’uso della forza contro gli altri e i loro diritti di proprietà è ingiusto e immorale e deve essere evitato. Quando però si è vittima di un’aggressione di questo tipo, è lecito usare la forza per difendersi da chi la usa contro di noi per primo. Insomma non si deve aggredire, ma è lecito difendersi dalle aggressioni.
Antistatalismo: dal principio di non aggressione i libertari derivano l’immoralità dello Stato, che non basandosi su relazioni volontarie e contrattuali, ma sulla coercizione, comporta una sistematica e continua aggressione verso gli individui e la proprietà privata. Per questo la critica libertaria allo Stato e l’appoggio libertario al libero mercato non sono solo utilitaristi (staremmo meglio, saremmo più ricchi e più felici), ma anche etici (lo Stato è immorale e criminale, è violenza e ingiustizia continue, sistematiche e su larga scala).
Rispetto al liberismo, che ammette lo Stato, il libertarismo è spesso anarchico e anche quando per realismo non lo è considera sempre e comunque lo Stato un male, una forma di aggressione organizzata, incompatibile con il principio di non aggressione.
Un libertario miniarchico potrà considerare realisticamente indispensabile uno Stato minimo, ma semplicemente perché convinto che corrisponda al meno possibile, non ne sarà mai un entusiasta sostenitore.
Un libertario anarcocapitalista, come Murray Rothbard, che dell’anarcocapitalismo è stato di gran lunga la figura più importante, invece è anarchico e non ammette la necessità di alcuno Stato, nemmeno di uno Stato minimo.
Gli anarcocapitalisti ritengono che tutte le funzioni statali, comprese quelle che hanno a che fare con sicurezza, difesa e giustizia, sarebbero meglio assolte in un regime di libero mercato.
E considerano qualsiasi Stato, di qualsiasi genere, come un’efferata organizzazione criminale, anzi il peggior tipo di organizzazioni criminali esistenti.
Si può essere libertari, anarchici e di estrema destra?
Milei si è dichiarato miniarchico nel breve periodo e anarcocapitalista nel lungo. Può essere questo e contemporaneamente di estrema destra?
Evidentemente non è possibile essere anarchici (e nemmeno miniarchici) e totalitari nello stesso tempo, poiché questi due termini descrivono estremi opposti: lo Stato totale che controlla tutto e l’assenza totale di Stato.
Rispetto a tutti i punti che abbiamo esaminato nel definire l’estrema destra di fatto il programma ancap è il contrario.
Immaginate un regime fascista, ma che non controlla i media, e non controlla imprese e sindacati, e non controlla la scuola, e non controlla le arti, e non controlla la moneta, e non controlla le banche, e non controlla le pensioni, e non controlla il wellfare state, e non controlla la ricerca, etc..
Ripercorrendo la lista sopra, Milei non vuole né controllo economico, né controllo sociale, né controllo culturale, né censura e propaganda, né pianificazione.
Non intende promuovere alcun intervento statale nell’economia, né alcuna politica corporativa o protezionista; non intende usare lo Stato per promuovere alcuna forma di omogeneità ideologica o di comportamenti – men che meno ideologie razziali; non intende dare allo Stato il controllo dell’educazione, delle arti, dei media o di altro e anzi intende toglierglielo là dove presente; non intende dare allo Stato il controllo dell’informazione o della cultura; non intende lasciare allo Stato il potere di censurare chicchessia e men che meno intende adottare un qualsiasi tipo di pianificazione statale economica o sociale. Esattamente al contrario, privatizzando, deregolamentando e detassando, si propone di restituire e salvaguardare l’autonomia delle persone e della società dallo Stato.
Non è difficile: Mussolini e Hitler volevano togliere autonomia e libertà alle persone, controllare ogni ambito e costringere tutti a fare come dicevano loro, un anarcocapitalista vuole togliere allo Stato la possibilità di controllare la società.
Quando dovesse portare a termine il suo programma idealmente né lo Stato, né lui, né il suo partito, né nessun altro politico o burocrate, avrebbero più alcun potere di controllare alcunché.
Milei non promuove alcun militarismo o nazionalismo estremo, men che meno alcuna forma di razzismo o di teoria paragonabile a quelle sul suprematismo ariano di Hitler, di programma per l’eliminazione di gruppi ritenuti inferiori, o di genocidio e olocausto.
E sebbene sia un leader carismatico Milei non si propone affatto come dittatore in capo.
Il programma di Milei inizia con queste parole:
Il liberalismo è il rispetto illimitato del progetto di vita degli altri basato sul principio di non aggressione e sulla difesa del diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà privata. Le sue istituzioni fondamentali sono i mercati liberi dall'intervento dello Stato, la libera concorrenza, la divisione del lavoro e la cooperazione sociale.
Milei in futuro potrà tradire tutto quello che ha detto e fare l’esatto contrario o semplicemente fallire nel realizzare alcunché del suo programma, e vista la difficoltà di ciò che si propone potrebbe certamente accadere, ma per come si è presentato accostarlo al nazismo e al fascismo è del tutto senza senso.
Se mai nazismo e fascismo in quanto radicalmente statalisti e collettivisti hanno molte più somiglianze con il peronismo di cui Milei si è sempre presentato come acerrimo nemico.
Per Wikipedia - per quel che vale - il peronismo è un mischione di cui fa parte esplicitamente anche il fascismo italiano:
un movimento politico sincretico, talora definito populista, che unisce il socialismo, il patriottismo, la terza via economica del fascismo italiano e il socialismo nazionale e idee affini al Conservatorismo sociale sul piano etico ed ideale
Ma questo accostamento tra fascismo e peronismo il Post ha sempre evitato di farlo. Se lo avesse fatto sarebbe diventato ulteriormente evidente che Milei non è di estrema destra.
Ha invece più senso quando il Post o altri definiscono Milei “ultraliberista”. Con questa definizione non sono lontani dal vero: un libertario porta all’estremo ed estende in un certo senso le idee liberiste, considerando che il mercato si possa occupare di tutto senza bisogno di uno Stato, anche delle funzioni che generalmente il liberismo gli riconosce, come ad esempio la sicurezza.
Uno dei testi seminali in questo senso è “Sulla produzione della sicurezza” di Gustave de Molinari.
Dove le cose si fanno più confuse
Una serie di confusioni e contraddizioni infesta il modo di pensare di molti e si riflette nella confusione dei discorsi che si leggono in queste ore sui media a proposito di Milei:
Criticare la democrazia non significa essere di estrema destra (o di estrema sinistra): una possibile fonte di confusione sta nel ritenere che criticare gli Stati democratici sia di per sé essere di estrema destra.
Questo non è corretto, perché sebbene certamente l’estrema destra non sia democratica, non è certo la sola parte politica a non esserlo. L’estrema sinistra e gli anarchici non sono meno critici verso i moderni Stati democratici.
Bisogna anche distinguere la democrazia come principio dagli Stati democratici: un anarchico - qualsiasi anarchico che sia o meno di indirizzo anarcocapitalista - può essere favorevole alla democrazia, ma non può che essere contro gli Stati democratici.
Si veda ad esempio un anarchico, per nulla anarcocapitalista, come Robert P. Wolff nel suo “In difesa dell’anarchia”.
Le obiezioni anarchiche sono così serie e importanti che Ralf Darhendorf, uno dei più importanti politologi del Novecento, le prende seriamente in considerazione in “La democrazia e i suoi critici”, riferendosi tra gli altri proprio a Wolff.Ecco cosa scrive:
Due delle possibili obiezioni alla democrazia sono talmente fondamentali che, se non si riuscisse a confutarle in maniera soddisfacente, qualsiasi analisi ulteriore dell’idea democratica risulterebbe inutile. [..] le une provengono dai sostenitori dell’anarchismo [..] le altre dai sostenitori di un governo dei custodi [..] La teoria filosofica dell’anarchismo sostiene che, poiché gli Stati hanno una natura coercitiva e la coercizione è cosa intrinsecamente cattiva, gli Stati sono di per sé stessi un male; da ciò consegue che essi potrebbero (e in quanto male non necessario dovrebbero) essere eliminati e sostituiti da associazioni volontarie. Dato che la democrazia potrebbe rivelarsi il processo più desiderabile per governare tali associazioni, non è da escludere che possa essere la forma di governo prevalente in una società anarchica. Ma dal punto di vista degli anarchici la democrazia non può riscattare lo Stato. Anche se la coercizione fosse il prodotto di un processo assolutamente democratico, essa rimarrebbe comunque, come è giusto, un male in sé (ed evitabile). Quindi anche uno Stato governato attraverso un processo democratico è un male.
Insomma assimilare automaticamente critica agli Stati democratici e “estrema destra” è concettualmente sbagliato e una forma come minimo di pigrizia intellettuale.
Non ogni riduzione della democrazia è una riduzione dello Stato: non tutte le critiche agli Stati democratici vanno nel senso di una riduzione del potere e del controllo che essi esercitano.
Estrema destra ed estrema sinistra criticano lo Stato democratico, ma non lo Stato in quanto tale. Quello che vogliono è uno Stato di altro genere (al di là del fatto che Marx poneva come obiettivo finale l’abolizione dello Stato, ma era appunto un puro obiettivo ideale, probabilmente irrealizzabile seguendo il resto della sua filosofia). In realtà storicamente hanno voluto e realizzato degli Stati totalitari, cioè l’esatto contrario di quello a cui aspira qualsiasi anarchico, compresi gli anarcocapitalisti.
Alla luce di questo, una riforma che riduca la democrazia non è di per sé né intrinsecamente anarchica, o di estrema destra o di estrema sinistra.
Una riduzione della democrazia non è automaticamente anche una riduzione dello Stato: da un punto di vista anarchico sarà una cosa buona, solo in questo caso.
Una riforma che riduca la democrazia per cambiare la forma dello Stato, ad esempio verso il nazismo, il fascismo, lo stalinismo o il maoismo, non potrà che fare orrore a qualsiasi anarchico.
Non si può assimilare chi vuole ridurre lo Stato e idealmente azzerarlo e chi vuole costruire uno Stato totalitario. Per quanto entrambi nemici e critici dello Stato democratico e intenzionati a ridurre la democrazia, le loro strade vanno poi in direzioni opposte.Anche la democrazia può essere totalitaria: un altro elemento di confusione è nel vedere un’opposizione intrinseca tra totalitarismo e democrazia. Questa contrapposizione così netta non c’è perché anche uno Stato democratico può tendere al totalitarismo.
Uno Stato totalitario è uno Stato che esercita un controllo pressoché totale sulla società e sulle persone. Sebbene in genere storicamente il totalitarismo si associ a regimi autoritari, come quelli nazisti, fascisti o comunisti, teoricamente è possibile che uno Stato democratico arrivi a invadere e regolare ogni ambito raggiungendo così una dimensione totalitaria. Anzi secondo diversi pensatori, uno Stato democratico tende intrinsecamente a raggiungere questa dimensione (si veda qui e qui).
Assumere che fuori dalla democrazia ci sia solo il totalitarismo, e che dentro alla democrazia il totalitarismo non ci possa essere, favorisce l’idea che qualsiasi critica della democrazia porti all’estrema destra (o all’estrema sinistra). Se si toglie questa idea si può concepire che vi siano critici della democrazia che ne criticano le evoluzioni totalitarie al suo interno (l’estensione dello Stato e del collettivismo a sempre maggiori ambiti che si avvicina sempre più a raggiungere una dimensione totalitaria) e che vogliono meno democrazia senza volere uno Stato totalitario e senza essere di estrema destra o di estrema sinistra.
Come può arrivare la democrazia a una dimensione totalitaria?Gli Stati democratici moderni non sono semplicemente democratici, non si esauriscono cioè nell’applicazione del principio di democrazia. Prevedono invece una serie di caratteristiche ulteriori, tra cui una serie di limiti al potere statale, a garanzia dei cittadini e delle minoranze.
Lo Stato e il governo, per quanto quest'ultimo sia eletto democraticamente, non possono fare qualsiasi cosa (anche se i limiti teoricamente in piedi vengono costantemente superati).E insomma vi sono tutta una serie di meccanismi che dovrebbero limitare l'azione politica e assicurarsi che avvenga nel rispetto dei diritti individuali.
Questi limiti però creano una tensione interna al sistema. Vengono spesso additati come intrinsecamente anti democratici. Contro di loro si dice che limitando lo Stato limitano la democrazia; che l'estensione dello Stato è l'estensione della democrazia; che più democrazia vuol dire più Stato e che llmeno Stato vuol dire anche meno democrazia. Il che è vero.
Votare su tutto, legiferare su tutto, regolare tutto, decidere su tutto collettivamente tramite procedure democratiche, senza limiti o ambiti off limits, vorrebbe dire avere una società più democratica, ma anche all'estremo una democrazia totalitaria.
La democrazia riguarda il modo in cui prendere le decisioni di rilevanza collettiva.
Ma quali sono le decisioni si rilevanza collettiva?
Se la risposta è tutte, siamo nel totalitarismo. È la stessa risposta di Hitler, Mussolini, Mao e compagnia cantante. Nazismo, fascismo, comunismo sono tutte ideologie collettiviste, cioè anti individualiste e dichiaratamente tali.Di contro la proprietà privata, i diritti individuali, la privacy, etc.. sanciscono ambiti di libertà e indipendenza individuali e sono altrettanti limiti al collettivismo e alla decisione collettiva, anche a quella presa tramite procedure democratiche.
La pretesa di estendere la democrazia a tutto è la pretesa di considerare tutto oggetto di decisione collettiva, di politicizzare tutto ed estendere ovunque il controllo, il potere e la coercizione dello Stato (le norme statali sono coercitive, sono degli obblighi, non delle gentili richieste a cui uno aderisce se gli va).
A favore di questa estensione del dominio statale democratico, non vi sono solo le posizioni ideologiche di chi ritiene che sarebbe un bene, ma anche l’interesse dell'apparato statale stesso e delle persone che lo compongono.
E quando l'apparato statale e la politica superano una certa soglia la forza di questi interessi e di questa mentalità diventa preponderante.
All’estensione del dominio statale corrisponde la crescita del potere e delle risorse dell’apparato, quindi anche dei singoli funzionari e dirigenti.
Inoltre, generalizzando un po’, come facendo ingegneria e lavorando nell’ingegneria si impara a vedere e affrontare il mondo da ingegneri, così lavorando nella burocrazia si impara a vedere e affrontare il mondo da burocrati. La burocrazia e la politica producono un pensiero favorevole a più burocrazia e politica e sempre sfavorevole alla loro riduzione o estinzione.
Orwell: il nazismo come trionfo della libertà personale
Il Post stesso nella sua confusione mentale e lessicale ha scritto – in una frase piena di ripetizioni – che:
“Più in generale, Milei ha spesso espresso posizioni estremiste e assolutiste che lo collocano come un libertario estremista, secondo cui lo Stato non deve intervenire in nessun modo sulla libertà personale delle persone e lasciare piuttosto fare al mercato. Tra le altre cose, una delle sue proposte più celebri prevedeva la possibilità di autorizzare la compravendita di organi umani, per incentivare le persone alla donazione (la proposta è poi stata ritirata).
Queste posizioni estremamente libertarie si interrompono però davanti alle libertà delle donne e delle altre minoranze. Milei è favorevole alla completa autonomia delle persone, ma non all’aborto, che in Argentina è stato legalizzato nel 2020, e ha espresso posizioni scettiche anche sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.”
Milei quindi viene contemporaneamente definito di estrema destra e un assolutista della libertà personale.
Ma se qualcuno descrivesse il nazismo e il fascismo come “il trionfo della completa autonomia delle persone e dell’idea che lo Stato non debba intervenire in nessun modo sulla libertà personale delle persone”, come lo considerereste?
Io lo considererei pazzo.
E credo che la maggior parte delle persone non si sognerebbe mai di accostare il rispetto assoluto della libertà personale e dell’autonomia delle persone al fascismo e al nazismo. Credo che sia chiaro a tutti che fascismo e nazismo, come d’altronde il comunismo, sono stati la negazione assoluta di tutto ciò.
Come è possibile pensare che Milei sia il campione delle libertà personali e accostarlo all’estrema destra, al nazismo e al fascismo?
La risposta ce l’ha Orwell. Ritenere valido di volta in volta un qualunque concetto o il suo opposto, senza nemmeno rendersi conto di aver cambiato opinione, ignorando del tutto l’esistenza di una contraddizione, è ciò che Orwell nel suo celebre romanzo “1984” chiama bispensiero.
“Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullavano a vicenda; sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendole entrambe, fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale proprio nell’atto di rivendicarla; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l’unico suo garante; dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare, ma all’occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo. Soprattutto, saper applicare il medesimo procedimento al procedimento stesso. Era questa, la sottigliezza estrema: essere pienamente consapevoli nell’indurre l’inconsapevolezza e diventare poi inconsapevoli della pratica ipnotica che avevate appena messo in atto. Anche la sola comprensione della parola ‘bipensiero’ ne implicava l’utilizzazione.”
[1984, G. Orwell]
Quanto era difficile informarsi e informare?
La cosa da notare è che informarsi su tutto questo è estremamente semplice. Se ci sono riuscito io potevano riuscirci anche dei giornalisti che lo fanno per lavoro e sono pagati per farlo.
Non c’era bisogno che al Post leggessero Potere e mercato di Rothbard, Ominipoten governemnt di Mises, Hitler's National Socialism di Zitelman o La dottrina del fascismo di Gentile e Mussolini, Anarchia, stato e utopiadi Nozik, The machinery of freedom di Friedman o altre opere in materia.
Potevano compulsarne dei brevi riassunti.
O visto che Milei si dice libertario potevano farsi un giro sul sito del Movimento Libertario italiano.
Potevano pensare di rivolgersi a qualcuno in grado di spiegargli di cosa si trattasse.
Potevano chiamare Leonardo Facco, cioè il più importante esponente del libertarismo italiano, il presidente del Movimento Libertario e un amico di Milei, che in queste settimane era in Argentina a seguire le elezioni, e parlarci una mezz’oretta.
Potevano chiedere ad Alessandro Fusillo, che è stato intervistato qui, dove infatti ha spiegato che Milei non è di destra.
O a tanti altri.
Avrebbero semplicemente potuto accorgersi delle contraddizioni evidenti in cui si stavano attorcigliando e sentire la naturale e normale esigenza di fare chiarezza.
Non ci voleva nessuno sforzo epocale, non era una cosa difficile o particolarmente onerosa. Bastava averne la volontà.
Chiarirsi le idee non è in contraddizione con il presentare tutte le critiche del mondo a Milei e alle sue idee, perché capire non implica dover essere d’accordo.
Ma almeno avrebbero potuto articolare il loro parere in un modo meno stupido e disinformato. Sarebbe stato anche un modo di essere più efficaci nel criticarlo al limite. Al posto del solito trito demonizzare gli avversari con una reductio ad hitlerum.
Fa riflettere che questa esigenza non l’abbiano sentita e che questa volontà non l’abbiano avuta. E meno male che siamo nell’epoca della lotta alla disinformazione.